Periodo fertile: fisiologia

La fisiologia del periodo fertile

Il follicolo che andrà incontro a ovulazione fadcendo partire il periodo fertile prende il nome di follicolo dominante, e può essere definito tale per una serie di ragioni anatomiche: ha un volume maggiore rispetto agli altri che hanno iniziato lo stesso percorso maturativo.

Inoltre, nel frattempo, tutta quell’altra corte di follicoli che hanno iniziato il loro percorso di maturazione, vanno progressivamente incontro ad atresia, e questo è dettato dall’azione del follicolo dominante nei confronti di questi, in quanto esso ha dei requisiti tali per cui fa “terra bruciata attorno” e portando ad atresia gli altri, può raggiungere la massima dimensione.

Inoltre questo follicolo una volta che è riuscito a raggiungere la massima maturazione, va incontro a trasformazione in corpo luteo.

La massima dimensione raggiunta del follicolo dominante, corrisponde ad avere anche più sviluppato le cellule della granulosa e dalle teca, di conseguenza è capace di sintetizzare più estradiolo rispetto agli altri, ed avrà anche sulla membrana cellulare un espressione per i recettori degli estrogeni di LH e di FSH, maggiore rispetto a quanto non abbiano gli altri.

Si creano queste caratteristiche che rendono il follicolo dominante, l’unico che possa andare incontro ad ovulazione e dare il via al periodo fertile.Il ciclo mestruale può essere definito tale quando si presenta con una costanza temporale che porta allo sviluppo del follicolo a livello ovarico, e questo avviene solo grazie a un cadenzato rilascio di ormoni.

Questo rilascio ormonale, che abbiamo visto anche la volta scorsa, è caratterizzato da quello che è un andamento ciclico del rilascio delle gonadotropine (rappresentato nella parte alta della figura) e successivamente del rilascio di estrogeni e progestinici.La volta scorsa abbiamo puntato sull’aspetto essenziale per consentire ad un follicolo che ha raggiunto la maturazione completa, di andare incontro ad ovulazione e questo passaggio è reso possibile dalla presenza di gonadotropine, in particolare dalla presenza dell’ormone luteotropo.

L’LH, infatti è quello che quantitativamente viene liberato in quantità maggiore, ha una caratteristica temporale che fa sì che il suo picco si verifichi circa 10-12 ore dopo quello dell’estrogeno.

In queste ore è necessario che la quantità di LH vada crescendo, perché solo in questa condizione la quantità di LH diviene sufficiente per giustificare quei meccanismi da cui dipende l’ovulazione stessa.

Infatti, una volta che LH ha raggiunto il suo massimo livello di secrezione, comincia a diminuire, e in questo momento si apre la finestra per l’ovulazione, che avviene subito dopo il picco di LH.

Se non ci fosse questo picco di LH, l’ovulazione non potrebbe avvenire, in quanto è proprio grazie all’LH che viene tolto l’inibitore che per anni aveva inibito la meiosi.

Quindi l’inibitore della meiosi viene allontanato, contemporaneamente è liberato il progesterone, l’estradiolo continua ad essere secreto e soprattutto, sempre ad opera dell’LH, vengono liberate le prostaglandine.

Il risultato è che in queste condizioni può avvenire l’ovulazione, che corrisponde alla liberazione dell’ovocita, pronto eventualmente per la fecondazione